Il Comune di Seren del Grappa si estende su una superficie di 62 kmq ed è caratterizzato geograficamente dalla lunga e profonda valle del torrente Stizzon. La specificazione “del Grappa” è stata aggiunta al nome del Comune nel 1923, a ricordo delle note vicende belliche che portarono l’esercito italiano e quello austro-ungarico a fronteggiarsi per circa un anno (novembre 1917- ottobre 1918) lungo i crinali del Massiccio del Grappa. Di questo sanguinoso conflitto la montagna conserva ancora numerose tracce: trincee, gallerie, postazioni di artiglieria sono tutt’ora ben visibili.
Sebbene poco favorito dal clima, particolarmente rigido durante la stagione invernale, il paese vanta origini antiche. Nei secoli scorsi sono più volte venuti alla luce sepolcreti e manufatti risalenti all’epoca romana o alto-medievale (Questo paese che per la sua centricità è il capoluogo degli altri vicini, e la residenza dell’autorità Comunale è posto in felicissima situazione, cioè sovra un dolce colle [..] é antichissimo e ne son testimonio, oltre ad lapide ad iscrizione romana in cui leggersi Serena, ne son testimoni le tombe romane, od etrusche, con entrovi scheletri giganti ed armi e monete che si scopersero in Rasai precipuamente nel 1839 nel vicinissimo suo colle Puilla. da “Memorie dell’antico paese, Comune, Parrocchia e Chiesa di San Martino di Rasai” di don Giovanni Battista Segato, 1861) .
A questo proposito, si può ricordare una curiosa leggenda che riguarda la frazione di Rasai. Su di un colle poco lontano dalla chiesa di San Martino pare sorgesse un tempo un castello nel quale soggiornò la sfortunata regina degli Ostrogoti, Amalasunta, figlia di Teodorico (VI° sec. d. C.); ancora oggi la località è denominata “Castel” e si diceva che nel sottosuolo fosse nascosto un prezioso tesoro, costituito da monete, gioielli e perfino dal trono tutto d’oro di Amalasunta. Quando negli anni ’40 del Novecento la famiglia di contadini che lavorava quel terreno lasciò il paese ed acquistò una vasta proprietà in provincia di Treviso, i vicini sparsero la voce che ciò era avvenuto grazie al ritrovamento del tesoro della regina.
Le vere ricchezze del territorio, in realtà , sono state per secoli pascoli e boschi dai quali gli abitanti hanno tratto, a costo di grandi fatiche, il necessario per sopravvivere. A partire dalla fine del XIX° secolo, quando l’incremento demografico rese ancora più difficile le condizioni di vita, la vallata iniziò a spopolarsi a causa della massiccia emigrazione. Le borgate sorte nelle zone più disagiate sono state completamente abbandonate e il territorio per molti anni ha subito degrado e incuria. Oggi si assiste ad un recupero dell’ambiente e gli edifici tipici, come i bellissimi “fojaroi” (abitazioni di montagna con il tetto realizzato utilizzando frasche di faggio intrecciate e fissate secondo una tecnica antica) sono oggetto di attenti restauri. Tutta la vallata offre la possibilità di effettuare splendide passeggiate e affascinati escursioni tra l’eco di eventi storici e tradizioni alpestri, immersi in una natura sostanzialmente integra e ricca di flora e fauna di estremo interesse.
Si suggerisce una visita al Museo fotografico della Grande Guerra “E.Secco” (Via Marconi – Seren del Grappa. Info 0439 44013) che conserva immagini d’epoca e reperti bellici della prima guerra mondiale, mentre mèta di piacevole escursione può essere San Siro, dove sorge la suggestiva chiesetta pedemontana dedicata all’omonimo santo. Nel 1266 fu rifugio di un gruppo di congiurati ghibellini che tramavano contro il vescovo di Feltre. Anche la chiesa di Caupo, dedicata ai Santi Vito e Modesto, merita una visita. Conserva all’esterno un grande affresco di San Cristoforo, protettore dei viandanti, e una lunetta con la Madonna, il Bambino e Santo benedicente. Per questo edificio Lorenzo Luzzo realizzò uno dei capolavori del Cinquecento bellunese: il dipinto rappresenta la Madonna con il Bambino, San Vito e San Modesto. La pala fu trafugata nel 1910, recuperata due anni più tardi e acquistata dallo Stato, che la diede in custodia alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, dov’è tuttora conservata. La chiesa di Porcen, consacrata nel 1409, conserva pregevoli opera d’arte risalenti al XV e XVI secolo: una pala d’altare di Jacopo da Valenza datata 1504 e raffigurante la Madonna con il Bambino, Santa Maria Maddalena (titolare della chiesa) e San Giovanni Battista e un ciclo di affreschi quattrocenteschi, purtroppo in parte deteriorati, eseguiti da Giovanni di Francia, artista nato a Metz e attivo nel Feltrino e nella zona di Conegliano tra il 1450 e il 1470.
Pagina aggiornata il 07/05/2024